Il papà lavorava alle Poste, la mamma faceva l’insegnante. Agnese Fiorio, invece, ha deciso che in ufficio non ci voleva stare e ha cambiato rotta, fondando a soli 27 anni un’azienda agricola biologica con produzione e vendita di ortaggi biologici. Oggi Agnese ha 36 anni e coltiva a Villafontana 1,5 ettari di campi, ma nel frattempo ha preso in affitto altri 3,5 ettari, che ha già convertito a biologico, in vista di un futuro ampliamento dell’azienda.
“Mi sono laureata in scienze forestali a Legnaro – racconta Agnese, che fa parte della nuova sezione biologica di Confagricoltura Verona -, ma le prospettive di lavoro non erano buone. Avrei dovuto ripiegare su un lavoro in ufficio, mentre io stare all’aria aperta, in mezzo alla natura. Così ho pensato che avrei potuto coltivare la terra. In famiglia c’erano dei terreni di proprietà, attorno a un’antica corte in via Bosco Villafontana appartenuta prima ai conti Giusti, poi ai conti Bresaola e quindi acquistata da mia nonna, Letizia Vaona. All’interno c’è anche una chiesetta che fu dismessa e trasformata in granaio nel 1937. Ho chiesto se potevo disporne e, avuto il via libera in famiglia, sono partita, usufruendo dei fondi per l’imprenditoria giovanile, riprendendo in mano quello che i nonni ci avevano lasciato per costruire un’agricoltura rispettosa del territorio e dell’ambiente. Ho deciso subito di fare biologico, perché voglio ridare forza alle nostre campagne e ai nostri prodotti, che così riacquistano valore, bontà e genuinità”.
Agnese ha recuperato ortaggi che erano patrimonio della cultura contadina della Bassa, ma che sono stati dimenticati, come il cavolo rapa e il cavolo fiolaro. “Cerco di coltivare varietà che non si trovano al supermercato – spiega -, cercando di far comprendere ai miei clienti il valore della biodiversità. All’inizio vendevo solo all’ingrosso, mentre ora mi sono spostata sulla vendita diretta, sfruttando anche i nuovi canali di e-commerce online. Faccio mercati e vendo a gruppi d’acquisto come i Gas locali. L’attività mi dà molta soddisfazione, perché vedo una riscoperta dei prodotti genuini e del cibo sano. Però è una lotta. All’inizio mi hanno rubato il trattore e ho dovuto lavorare sodo, da sola, per costruire l’attività. Ora sono ancora sola d’inverno, quando c’è meno lavoro in campagna, mentre d’estate ho qualcuno che mi aiuta nella raccolta. Mi piacerebbe avviare un punto vendita aziendale e avere una maggiore continuità di produzione durante l’anno, in modo da offrire un servizio migliore alla clientela. Servirebbero però più forme di sostegno per i giovani e le piccole realtà. Altrimenti diventa difficile riuscire a raggiungere i risultati che ci siamo prefissati”.